Day 12_Rose is a rose is a rose is a rose

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Day 12_Rose is a rose is a rose is a rose

Anche se non sempre il tempo e le condizioni lo permettono, riuscire a lavorare singolarmente con alcuni tra i migranti è, tra le varie esperienze, intenso ed incredibilmente interessante. Permette di creare un’intimità e un legame che, lavorando in gruppo, risulta certamente più complesso.

Il lasso di tempo che trascorriamo sull’isola sembra dilatarsi e restringersi continuamente in maniera quasi schizofrenica, ma alcuni progetti nati in questi giorni raccontano di una dimensione temporale ancora diversa, quasi parallela alla realtà. Una dimensione dove la distanza che ci separa da chi vive all’interno dei cancelli dell’hotspot di Samos sembra farsi più labile.

Even if it’s not always possible, working singularly with migrants it’s one of the most interesting and inspiring experiences. It permit to build the reciprocal confidence.

Some of the projects we made in the last days are based on a temporary dimension. It’s a dimension where the distance that dived us to the people living inside the hotspot of Samos seems to be more labile.

Mohammad vuole fotografare, tra le tante possibili ipotesi, i fiori. Appena ne ha l’occasione, appena si trova fra le mani una macchina fotografica, è proprio quello che fa. Il suo lavoro, caso vuole, si intreccia e si lega a quello di Andrea Luporini, e insieme danno vita a un piccolo progetto che sembra, in qualche modo, racchiudere grande parte del significato del lavoro svolto sinora a Samos.

Mohammad wants to take a photo of some flowers.
The images he took with the camera it’s linked with the photos of Andrea Luporini, and together they gave life to a small project that seems to perfectly represents the work did in Samos until now. 


Andrea Luporini | Mohammed M., A Garden, eventually, Samos, 2017
Andrea Luporini | Mohammad T., A garden, eventually, Samos, 2017

Queste immagini documentano il lavoro realizzato insieme a Mohammad, studente di Informatica: l’opera, realizzata a quattro mani, è frutto di un incontro, una comunione di intenti lontana nel tempo e nello spazio. Mohammad non è interessato alla denuncia, non vuole mostrare i migranti e le condizioni in cui vivono. Vuole fotografare la natura, quella piccola, fra ombra e luce. Perché è così che si sente. Il risultato è un’immagine dal titolo A garden, eventually, un collage di fotografie che creano un luogo inesistente nella realtà ma che rappresenta una speranza di condivisione fra mondi diversi.

This pictures represent the work realized with Mohammad, a student of cyber: the work is the result of the meeting between the inspirations of the two artists. Mohammad is not interested in denouncing the conditions and the situation in which refugees used to live in the hotspot. He wants take photos of nature, and the result it’s an image titled “A garden, eventually“, a collage of photos used to create a non – existent place.

 

“Voglio essere parte della bellezza di questo mondo e voglio regalarla agli altri”

Mohammad T.

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